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Il sesto senso dell’uomo per il campo magnetico

Uno scienziato americano sostiene che anche l’uomo, al pari di alcuni animali, sarebbe in grado di percepire inconsciamente il campo magnetico.
A cura di Nadia Vitali
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Giacché lo fanno alcuni uccelli, alcuni insetti e addirittura alcune specie di mammiferi, perché non potremmo farlo anche noi? Se lo è chiesto Joe Kirschvink, geofisico del California Institute of Technology (CalTech) di Pasadena, che ha indagato per cercare di comprendere se gli esseri umani siano in grado di percepire, in maniera del tutto inconscia, il campo magnetico. I risultati delle sue ricerche sembrerebbero dare ragione alla sua intuizione: l'umanità potrebbe avere un sesto senso, qualcosa di simile a quello che consente ad altre specie di emigrare o orientarsi seguendo in qualche modo il campo magnetico. In realtà, come spiegato dall'articolo su Science che ha presentato i risultati degli esperimenti di Kirschvink, abbiamo a che fare con un'ipotesi ancora tutta da dimostrare. Vediamo perché.

L'esperimento

Per il momento, il geofisico ha lavorato su un campione veramente minimo e il suo paper è ancora in vita di pubblicazione: un po' poco per parlare di una scoperta epocale, ma un primo passo avanti verso nuove ricerche per le quali, comunque, ha già ricevuto un cospicuo finanziamento.

La cavia di Kirschvink è stata Keisuke Matsuda, laureando in neuro-ingegneria presso l'università di Tokio, il quale è stato sottoposto ad esperimenti volti a verificare la reazione delle sue onde cerebrali all'esposizione a campi magnetici variabili generati da una serie di bobine elettriche: attraverso degli elettroencefalogrammi periodici, e verificando che non ci fossero onde che avrebbero potuto disturbare e vanificare l'esperimento, è stata effettivamente rilevata una certa sensibilità.

Ottimi risultati ma adesso bisognerà ampliare il campione.

Gli studi sulla magneto-ricezione

Il metodo di Kirschvink presenta un importante aspetto innovativo: fino ad oggi, infatti, ci si era occupati esclusivamente di osservare il comportamento degli animali per trarne delle conclusioni relative al rapporto di questi con il campo magnetico. Ciò implica che, alla fin fine, si sa che alcune specie hanno questa sensibilità ma si ignorano del tutto i meccanismi che ne sono alla base. Uno studio pubblicato da Science nel 2012, curato da David Dickman del Baylor College of Medicine di Houston, aveva dimostrato che nell'orecchio interno dei piccioni c'è un piccolo gruppo di neuroni che, in qualche modo, si attiva in risposta a mutamenti nella polarità, nella direzione e nell'intensità del campo magnetico.

Per buona parte del XX secolo, invece, gli studi sulla magneto-ricezione sono stati percepiti in maniera non diversa da quelli sulla telepatia o sulla rabdomanzia. Solo di recente si è iniziato ad accettare, benché con molte esitazioni, che per alcuni animali il campo magnetico riveste un'importanza fondamentale; in particolare per uccelli, pesci e animali migratori in genere i quali, naturalmente, hanno bisogno di una "guida" per i propri spostamenti. In anni recenti anche animali più stazionari, come rane, lumache o vermi, hanno dimostrato di possedere questo "senso" per il campo magnetico.

Ma anche i mammiferi sembrano percepire il campo magnetico terrestre: in alcuni esperimenti, gli scienziati hanno rilevato che i topolini si servono di esso per sistemare i propri nidi; anche per le greggi e per i cervi il campo magnetico è essenziale per muoversi nella ricerca dei pascoli; e pare che i cani orientino il proprio corpo quando devono fare i propri bisogni in direzione proprio del campo magnetico.

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