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Il segreto genetico che si cela dietro alla nascita dei gemelli diversi

I ricercatori hanno analizzato un gruppo di madri di gemelli dizigoti e hanno trovato due varianti genetiche che influenzano lo sviluppo di questo tipo di fratelli e che agiscono sulla fertilità delle donne.
A cura di Zeina Ayache
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Se è praticamente impossibile non restare affascinati dai gemelli monozigoti, lo è ancor di più quando si tratta di gemelli dizigoti. Le questioni genetiche legate alla nascita di questa tipologia di fratelli hanno da sempre attirato il mondo della scienza che adesso ha finalmente compreso come mai da alcune madri si sviluppino figli che derivano dalla fecondazione di due cellule uovo da parte di due distinti spermatozoi, i cosiddetti dizigoti o biovulari. Lo studio, che risponde a questo quesito storico, si intitola “Identification of Common Genetic Variants Influencing Spontaneous Dizygotic Twinning and Female Fertility” ed è stato pubblicato sull'American Journal of Human Genetics.

Quando parliamo di parti gemellari, ci riferiamo ad un'incidenza dell'1%, di questi, i due terzi sono dizigoti, quindi bambini che fisicamente non sono identici come i monozigoti e che sono geneticamente simili come qualsiasi altra coppia di fratelli che non festeggi il compleanno nella stessa data. Per capire cosa agevoli questo tipo di gravidanza, i ricercatori hanno analizzato 1.980 madri di dizigoti, messe a confronto con un gruppo di controllo composto invece da 12.953 soggetti.

Dai dati raccolti, gli scienziati hanno identificato due varianti genetiche che influenzano la produzione di molteplici follicoli ovarici necessari per lo sviluppo di gemelli dizigoti che crescono in cellule uovo separate e fecondate da due diversi spermatozoi:

  • la prima riguarda il gene FSHB, associato ad elevati livelli di follitropina (ormone che promuove la maturazione dei follicoli e il rilascio della cellula-uovo)
  • la seconda riguarda il gene SMAD3, che stimola la risposta delle ovaia all'ormone

Queste varianti hanno effetti anche sulla fertilità della donna, sull'età delle prime mestruazioni o della menopausa, sul numero di figli e sulla sindrome dell'ovaio policistico. Proprio questi ultimi aspetti sono importanti per i ricercatori per comprendere come affrontare meglio la fecondazione in vitro e l'infertilità.

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