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Il prossimo asteroide ci visita il 5 di marzo

Piccolo e lontano, non costituisce un pericolo: ma non è la prima volta che ci “sfiora”, né sarà l’ultima.
A cura di Nadia Vitali
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Un piccolo asteroide torna a farci visita: ha già sfiorato la Terra già un paio d'anni fa, passando alla distanza di sicurezza di 2 milioni di chilometri, mentre questa volta sarà un po' più lontano. Nulla per cui stare in pensiero, naturalmente.

Il tutto avverrà il prossimo 5 marzo quando 2013 TX68 transiterà ad una distanza dal nostro Pianeta compresa tra i 14 e i 17 milioni di chilometri: tale variazione è dovuta al fatto che si ignora con precisione assoluta la traiettoria dell'oggetto che, la volta scorsa, scomparve troppo rapidamente perché lo si potesse tracciare con la dovuta accuratezza.

Gli scienziati del programma della NASA per lo studio e il controllo dei Near Earth Object fanno comunque sapere che non c'è alcuna possibilità di impatto tra l'oggetto e la Terra, durante il prossimo mese. Per essere il più precisi possibile hanno anche comunicato che c'è una remota possibilità che questo piccolo asteroide possa avvicinarsi pericolosamente il 28 settembre del 2017: in ogni caso, qualora i calcoli orbitali venissero confermati, stiamo parlando di una probabilità su 250 milioni, sufficiente per non mettersi in attesa di una catastrofe globale.

L'asteroide 2013 TX68 è stato scoperto dalla Catalina Sky Survey il 6 ottobre del 2013, mentre si avvicinava nottetempo alla Terra. Dopo tre giorni di osservazioni, sparì nel cielo diurno per non farsi più vedere: per questa ragione gli scienziati non conoscono nel dettaglio la sua orbita attorno al Sole, pur sapendo che si colloca decisamente troppo lontana dal nostro Pianeta per costituire motivo di preoccupazione.

Con le sue dimensioni di circa 30 metri, è poco più grande dell'asteroide che piovve inaspettatamente nell'atmosfera terrestre sopra Chelyabinsk, in Russia: in quel caso, si trattò di un oggetto di circa 20 metri di ampiezza. L'arrivo di un asteroide della taglia di 2013 TX68 causerebbe un rilascio di energia doppio rispetto a quanto accaduto a Chelyabinsk nel febbraio del 2013.

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