Il nuovo universo svelato da Planck
C’era grande eccitazione nella comunità scientifica per la conferenza stampa di oggi dell’ESA. Lanciata nel 2009, la sonda spaziale Planck dell’Agenzia spaziale europea ha raccolto negli anni una serie di informazioni ad elevatissima precisione sull’universo primordiale grazie alla mappatura della radiazione cosmica di fondo, il cosiddetto “eco” del Big Bang, impressosi sullo sfondo dell’universo quando questo aveva appena 380.000 anni ed era caldissimo, superando i 2700° centrigradi. Di questa eco oggi permane una radiazione a microonde con una temperatura di 2,7°K, appena un paio di gradi sopra lo zero assoluto. Scoperta per caso nel 1964, la radiazione cosmica di fondo (CMB, cosmic microwave background) si è trasformata nella più ricca miniera d’oro per i cosmologi, grazie alle informazioni che contiene riguardo i primi istanti dell’universo. Studiata già da due importanti missioni della NASA, le sonde COBE e WIMAP, ora la sonda Planck, posta in un’orbita estremamente eccentrica, che la porta a sfiorare all’afelio il punto lagrangiano 2, a metà strada tra la Terra e il Sole, ha finalmente prodotto i primi risultati di interesse cosmologico, che nei prossimi anni saranno oggetto di indagini approfondite da parte dei teorici per elaborare modelli dell’universo più precisi.
Nuove stime sull'universo oscuro
Ma qualcosa è già stato annunciato oggi dall’ESA. Per esempio, l’età dell’universo risulta essere leggermente maggiore rispetto all’ultima valutazione fatta dalla sonda WIMAP: non più 13,7 miliardi ma 13,82 miliardi di anni. Aumenta la precisione dell’analisi anche per quanto riguarda il censimento della materia nell’universo. Quella barionica, la materia ordinaria che conosciamo, ammonta al 4,9% (era il 4% secondo le precedenti stime). La materia oscura passa al 26,8%, mentre perde quota l’energia oscura, la componente più misteriosa e significativa per il “peso” dell’universo, che si mantiene comunque su una ragguardevole percentuale – 68,3% – sulla cui natura ignoriamo quasi tutto. Dati che serviranno ai cosmologi e agli astrofici per perfezionare le loro teorie sull’origine di queste due componenti oscure, la cui presenza esercita effetti a livello gravitazionale ma non interagisce con i nostri strumenti di osservazione.
Il tesoro che fa più gola agli studiosi è quello rappresentato dalle “anisotropie”. Sono i grumi, i minuscoli addensamenti nella zuppa cosmica dell’universo primordiale. Nel corso della sua successiva espansione, questi grumi di materia hanno dato vita alle galassie, alle stelle e poi ai pianeti. Analizzando le anisotropie della CMB si può trovare una sorta di codice sorgente dell’universo com’è oggi. In quell’immagine rilasciata dall’ESA (in apertura), più precisione delle analoghe immagini prodotte dalle missioni precedenti, ci siamo tutti noi. Lo studio delle anisotropie può permettere di affinare le diverse teorie sull’origine e l’evoluzione dell’universo. Diversi cosmologi teorici, infatti, sono convinti che leggendo queste irregolarità nella CMB si possano individuare gli indizi che spiegherebbero com’è nato l’universo e addirittura se c’era qualcosa prima del Big Bang.
Conferme per l'inflazione e caccia alla nuova fisica
Ci sono in effetti alcune cose che non quadrano, nell’universo svelato da Planck. La prima è che le fluttuazioni nella temperatura della CMB su grande scala non coincidono con quelle previste dal modello standard, la teoria fisica che finora ci ha permesso di descrivere i primi istanti dell’universo anche in assenza di osservazioni dirette. Poi c’è un’asimmetria nella temperatura media dei due emisferi del cielo osservato da Planck che non torna, poiché in teoria l’universo dovrebbe essere uguale in qualsiasi direzione lo si guarda, su larga scala (il cosiddetto “principio cosmologico”, teorizzato da Einstein). E poi c’è una vasta area più fredda, più grande del previsto, individuata anche dalle precedenti missioni ma non in modo certo: adesso sappiamo che c’è, e non sappiamo perché. Sfide affascinanti che attendono gli scienziati teorici, ai quali spetta ora il compito di spiegare le osservazioni.
Nel frattempo, Planck ha fornito ulteriori conferme del modello inflazionario, elaborato negli anni ’80 indipendentemente da Alan Guth e Andrej Linde, secondo il quale alcuni istanti dopo il Big Bang (meno di un miliardesimo di secondo dopo) l’universo si sia espanso a una velocità superiore a quella della luce. La teoria prevede che l’inflazione cosmica sia stata alimenta da un campo di forza, il campo inflazionario, prodotto da un bosone non ancora individuato, battezzato “inflatone”. E qui arriva l’ipotesi più sorprendente: potrebbe il bosone di Higgs essere l’inflatone che gli scienziati stanno cercando da decenni? “Nel modello standard della fisica delle particelle vi è un solo candidato per poter dar luogo a tale epoca inflazionaria: si tratta proprio del bosone di Higgs”, sostiene Antonio Masiero, vicepresidente dell’INFN.
Torna così in ballo la ‘nuova fisica’, di cui si parla molto negli ultimi anni: una fisica completamente nuova, oltre il modello standard. Le speranze che la scoperta del bosone di Higgs potesse gettare luce su questa frontiera inesplorata sono finora andate disattese. Ma ora Planck potrebbe suggerire ai fisici delle particelle e ai teorici dove andare a cercare. “Un'attenta analisi condotta sia a livello teorico che sui dati presenti e futuri di LHC e di Planck potrà dirci se l’artefice delle dimensioni e dell’età dell’odierno Universo (cioè la particella, ‘inflatone’, che ha prodotto l'inflazione) possa essere identificabile con quella particella, il bosone di Higgs, che ha fornito la massa delle particelle presenti nel plasma primordiale”, prosegue Masiero. “Altro risultato rilevante per la fisica delle particelle riguarda il numero di specie di neutrini, vale a dire se possa esiste un quarto tipo di neutrino (il cosiddetto neutrino sterile) oltre ai tre tipi di neutrini osservati. Planck non favorisce la presenza di questo quarto tipo di neutrino, ma, al tempo stesso, i suoi dati non permettono al momento di poter escludere l'esistenza di questa altra ipotetica particella elementare”. C’è però chi già guarda altrove, in particolare alle affascinanti ipotesi sull’esistenza di dimensioni nascoste dell’universo, previste dalla teoria delle stringhe. Le stringhe sono troppo piccole per essere osservate negli acceleratori di particelle, ma c’è chi sostiene che all’alba dell’universo alcune di queste possano essere state sottoposte a una fase di espansione tale per cui oggi girerebbero per il cosmo delle stringhe macroscopiche, potenzialmente osservabili. L’analisi della CMB fornita da Planck potrebbe confermare o smentire quest’ipotesi, e non a caso gli stringhisti sono già al lavoro sui nuovi dati.