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Il muscolo cardiaco creato da un cuore decellularizzato e da staminali

I ricercatori fanno sapere di aver creato un muscolo cardiaco partendo da un cuore decellularizzato e sfruttando le cellule staminali pluripotenti indotte. Quanto realizzato potrà essere utilizzato per rimpiazzare i tessuti cardiaci danneggiati in seguito ad infarti.
A cura di Zeina Ayache
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Ogni anno sono migliaia le persone che aspettano di ricevere un nuovo cuore, molti non sopravvivono all'attesa, molti rigettano l'organo ricevuto. Consapevoli delle difficoltà legate a questo tipo di operazione, i ricercatori quotidianamente lavorano per trovare una soluzione utile e adatta al maggior numero di persone. L'ultima, in ordine di tempo, arriva dal Massachusetts General Hospital (MGH) dove gli scienziati sono riusciti a realizzare un muscolo cardiaco funzionante rigenerato grazie ad un cuore umano decellularizzato e a cellule staminali pluripotenti indotte. Come?

I ricercatori spiegano, all'interno dello studio intitolato “Bioengineering Human Myocardium on Native Extracellular Matrix” e pubblicato su Circulation Research, di aver fatto un primo passo in avanti verso la creazione di un cuore bioingegnerizzato che utilizza un cuore umano di un donatore decellularizzato, cioè privato di tutte le componenti che potrebbero provocare una risposta immunitaria, e un muscolo cardiaco generato da cellule staminali pluripotenti indotte.

Cosa significa decelullarizzare un cuore (o un organo in generale)? Questo tipo di procedura è stata sviluppata dal dottor Harald Ott nel 2008 e prevede l'utilizzo di una soluzione detergenti che elimina le cellule viventi originali del donare per permettere ai medici di ripopolare l'organo stesso con altre cellule.

Quanto realizzato ad oggi ha come obiettivo la rigenerazione di un cuore intero che però necessita ancora di molti anni prima di poter essere portata a compimento. Per il momento, spiegano i ricercato, ci dobbiamo accontentare di un miocardio funzionante che potrà andare e rimpiazzare i tessuti cardiaci danneggiati in seguito ad attacchi di cuore. Anche in questo caso però non è dato sapere quando effettivamente questo tipo di tecnologia potrà passare dai laboratori agli ospedali.

[Foto copertina di Bernhard Jank]

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