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Il mistero della particella di Majorana

Ipotizzata dal geniale fisico italiano misteriosamente scomparso nel 1938, potrebbe essere presto scoperta dai nuovi esperimenti negli acceleratori. E violerebbe il principio secondo cui materia e antimateria non possono coesistere.
A cura di Roberto Paura
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particelle_LHC

Ricordate Ettore Majorana? Il brillante fisico italiano del gruppo di via Panisperna, al quale apparteneva, tra gli altri, Enrico Fermi, scomparve misteriosamente nel 1938, dopo aver lasciato la città natale, Napoli, per raggiungere Palermo. Sul suo destino sono state elaborate tante teorie, dal suicidio al rapimento da parte dei nazisti, al rifugio in monastero (Sciascia seguì quest’ultima pista nel suo celebre La scomparsa di Ettore Majorana). Ma per i fisici di tutto il mondo, il nome di Majorana è legato a un altro mistero, quello dell’ipotetica particella che prende il suo nome, e che godrebbe della straordinaria proprietà di essere materia e antimateria allo stesso tempo. Nulla più di un’ipotesi, all’epoca; oggi, le cose sembrano essere destinate a cambiare.

Il lato oscuro della materia

majorana

In teoria, materia e antimateria sono del tutto inconciliabili. Quando entrano in contatto, si annichilano a vicenda, liberando energia. Per fortuna, l’antimateria è quasi inesistente nel nostro universo, altrimenti non saremo qui a parlarne: se il Big Bang avesse dato origine alla stessa quantità di materia e antimateria, le due quantità si sarebbero distrutte a vicenda e ora non esisterebbe nulla. Perché, invece, questa simmetria sia stata violata, al punto che oggi il nostro universo è costituito essenzialmente di materia, resta un grande mistero della cosmologia, che le particelle di Majorana potrebbero spiegare.

Alla fine degli anni ’20 del secolo scorso, Paul Dirac giunse alla conclusione che ciascuna particella elettricamente carica possiede un proprio “gemello” opposto: pochi anni dopo si scoprì il positrone, il gemello di carica opposta dell’elettrone, confermando quella teoria. Majorana si spinse oltre, giungendo a sostenere che anche le particelle elettricamente neutre possiederebbero un’antiparticella. Ma in questo caso, non potendo distinguersi in base alla carica elettrica, le due particelle sarebbero praticamente identiche. In sostanza, si tratterebbe di un’unica particella che assumerebbe allo stesso tempo la proprietà anche della sua antiparticella. Sembra assurdo, ma c’è un modo di verificare quest’assunto: se si incontrano, due particelle di questo tipo – due particelle di Majorana – si annichilerebbero a vicenda.

La particella fantasma

In effetti, il fotone, che è una particella priva di carica e anche priva di massa, ha una sua antiparticella che, nei rari casi in cui interagisce con il fotone, produce un’annichilazione. La differenza sta nel fatto che il fotone è un bosone, cioè una di quelle particelle che veicolano una forza (i bosoni sono anche chiamati “quanti”). L’ipotesi di Majorana fa riferimento all’altra famiglia di particelle, i fermioni, che compongono la materia. Si è pensato a lungo che il neutrino fosse una particella di Majorana: si tratta infatti di un fermione senza carica elettrica e con massa quasi nulla, che sembrerebbe possedere un antineutrino. Tuttavia, sembra che neutrino e antineutrino siano praticamente la stessa cosa e che la differenza stia solo nel modo diverso in cui la particella in moto viene osservata.

LHC_antimateria

La novità arriva, ancora una volta, da LHC, il grande acceleratore del CERN di Ginevra. Qui, continuamente, l’antimateria è prodotta attraverso dei “buchi”, dei vuoti nei fasci di elettroni che percorrono l’anello dell’acceleratore. “Un buco altro non è che l’assenza di un elettrone nel punto in cui un elettrone dovrebbe normalmente trovarsi”, spiega Marcel Franz, fisico dell’Università della Columbia Britannica, in Canada. In un fascio di elettroni, questi buchi possiedono carica positiva e, quando un elettrone casca al suo interno, sia la particella che il buco scompaiono, annichilendosi a vicenda. Una particella di Majorana potrebbe essere costituita dalla metà di un elettrone e dalla metà di un buco, una combinazione che produrrebbe un fermione con carica elettrica neutra e zero energia. Una particella di “niente”, in pratica.

È estremamente difficile che una particella del genere, se davvero esiste, sia osservabile in natura. Ma all’interno di un acceleratore, dove la fisica viene piegata a condizioni estreme, le possibilità aumentano. In effetti, i primi annunci di una scoperta delle particelle di Majorana sono giunti da esperimenti molto complessi, attraverso l’impiego di semiconduttori di dimensioni infinitesimali e campi magnetici, ottenendo in cambio “entità” con zero energia e zero carica, esattamente come dovrebbe essere una particella ibrida materia-antimateria. Non si tratta, comunque, di una ricerca spinta dalla pura e oziosa curiosità. Innanzitutto perché le particelle di Majorana potrebbero rivelarsi i “mattoni” ideali dei futuri computer quantistici, che rappresentano l’ultima frontiera dell’evoluzione informatica. In secondo luogo, perché la loro esistenza potrebbe confermare la teoria della supersimmetria, che LHC sta testando nei suoi cunicoli. La supersimmetria è una teoria che spiegherebbe tutta la fisica esistente facendo ricorso all’esistenza di super-partner per ciascuna particella prevista dal modello standard oggi accettato. Le particelle di Majorana sarebbero ottime candidate, inoltre, per le WIMP, le particelle che potrebbero costituire la materia oscura: se così fosse, sarebbero le più comuni nell’universo.  Al momento, comunque, manca ancora una conferma; tuttavia, se LHC continuerà a lavorare ad energie sempre maggiori, questi e altri misteri della fisica potrebbero presto trovare una risposta.

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