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Il microchip che ridona la vista arriva in Italia e cerca un candidato

Arriva in Italia, per la prima volta, il microchip che impiantato nella retina ridona la vista ai pazienti che l’hanno persa in età adulta. L’intervento verrà effettuato dall’Ospedale San Raffaele di Milano che al momento è in cerca del candidato perfetto.
A cura di Zeina Ayache
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Si chiama Alpha AMS ed è un microchip capace di ridare la vista a pazienti che l’hanno persa in età adulta in seguito a malattie ereditarie gravi come la retinite pigmentosa e si prepara ad arrivare in Italia dove l’Unità di Oculistica e Oftalmologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano è pronta per effettuare il primo impianto italiano e uno dei pochi al mondo. Il microchip è prodotto dalla compagnia tedesca Retina Implant AG e, una volta inserito all’interno dell’occhio, riesce a ripristinare la percezione della luce e delle forme di oggetti e persone intorno al paziente, in pratica rappresenta una seconda opportunità per coloro che hanno perso la vista.

Ma come funziona? Dal San Raffaele spiegano che il microchip si basa sulla sostituzione dei fotorecettori della retina attraverso un fotodiodo, cioè un microscopico strumento elettronico che trasforma la luce in stimolo elettrico. Piccolo solo 3 mm, il microchip contiene 1.500 sensori e verrà inserito nella retina in modo da stimolare il circuito nervoso che normalmente dovrebbe collegare il cervello all’occhio: così facendo, vengono bypassate le cellule non più funzionanti.

Il trattamento proposto è pioneristico, come dicevamo si tratta del primo caso in Italia, e rappresenta un’ottima opportunità per il nostro Paese. Al momento i medici stanno cercando il candidato perfetto, è in atto infatti lo screening dei pazienti plausibili che presto potrebbero tornare a vedere. Come spiega il dottor Marco Codenotti, responsabile del servizio di Chirurgia vitreo-retinica dell’Ospedale San Raffaele, che eseguirà l’intervento, “Questo chip, un vero e proprio sistema di visione bionica, può essere impiantato solo in persone con malattie retiniche degenerative (retinite pigmentosa, distrofie corio-retiniche), che non hanno subito traumi pregressi, e in cui il circuito nervoso che collega gli occhi al cervello, la via ottica, è ben funzionante. Eseguiremo un intervento delicato ed estremamente innovativo che richiederà anche un impegno costante da parte del paziente, che dovrà imparare a rivedere con i suoi nuovi occhi”.

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