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Il fisico italiano che sfida le stringhe: “La teoria del tutto? Non la troveremo mai”

Tra i più noti fisici teorici al mondo, Giovanni Amelino-Camelia lavora all’unificazione di relatività e meccanica quantistica con approcci alternativi alla teoria delle stringhe.
A cura di Roberto Paura
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Anche se il tempo, o meglio lo spaziotempo, è il suo pane quotidiano, non è mai abbastanza per Giovanni Amelino-Camelia. Diviso tra Roma, dove tiene un corso innovativo di gravità quantistica, ed i periodi di soggiorno nei centri più prestigiosi all'estero, come il Perimeter Institute nell’Ontario, in Canada, “tempio” della fisica teorica che cerca le risposte alle grandi domande fondamentali, Amelino-Camelia sforna di continuo pubblicazioni che i suoi colleghi leggono con grande interesse: qualche tempo fa venne inserito in una lista di 6 possibili “nuovi Einstein”, ma questi sensazionalismi gli vanno stretti. “Coloro che mi descrivono come ‘nuovo Einstein’ tipicamente lo fanno solo perché consapevoli che un titolo così aiuta ad ottenere numeri di copie vendute più elevati”, chiarisce a Fanpage. La sua teoria della relatività doppiamente speciale, introdotta solo pochi anni fa, è molto discussa come possibile soluzione a uno dei più grandi problemi della fisica: l’unificazione della relatività generale con le meccanica quantistica: “E’ solo uno dei miei contributi agli sviluppi in corso per lo studio del problema della gravità quantistica”, spiega. “Prevede una seconda scala invariante (‘doppiamente speciale’) oltre alla scala di velocità della luce. Sarebbe forte se la prossima teoria relativistica fosse ‘doppiamente speciale’ ma magari sarà tutt’altro, probabilmente un tipo di teoria relativistica che nemmeno sarebbe possibile in questo momento immaginare”.

"La scienza è la sfida di aprire nuove finestre sulla Natura"

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Alcuni definiscono questo tipo di unificazione dei due grandi paradigmi della fisica ‘la teoria del tutto’. Sorta di Santo Graal della scienza, secondo Stephen Hawking la teoria del tutto permetterebbe di arrivare a leggere “la mente di Dio”. Per alcuni può essere ottenuta attraverso la teoria delle stringhe, o meglio una sua versione ampliata, la cosiddetta “teoria M”, che però resta ancora in gran parte incomprensibile ai suoi stessi ideatori, al punto che è stato suggerito che la ‘M’ stia per ‘mistero’. Giovanni Amelino-Camelia la pensa diversamente: “Il sogno di una teoria del tutto è futile ed è in realtà un vero incubo per chi come me intende la scienza come la sfida di aprire nuove finestre sulla Natura”, precisa. “Per taluni la scienza è quasi un’attività intesa ad affermare l’onnipotenza dell’intelletto umano, capace quindi di dominare completamente le leggi della Natura. E’ forse comprensibile che alcuni aspirino a vedere l’uomo come dotato di questa sorta di onnipotenza, ma è ancora più affascinante (e più onesto e decoroso) prendere atto degli oggettivi limiti del nostro intelletto e della limitatezza della nostra condizione. Esplorare non per dominare ma per conoscere è la grande libertà, la grande avventura che ci è dato di vivere”. E per meglio chiarire cosa ne pensa, aggiunge: “La teoria del tutto non l’avremo mai. Ma avremo teorie sempre nuove e sempre migliori delle precedenti, capaci di descrivere i nuovi regimi della Natura a cui ci guadagneremo l’accesso sperimentale”.

[quote|left]|Non mi sembrano incoraggianti le potenzialità delle stringhe per la descrizione di alcuni aspetti particolarmente affascinanti della gravità quantistica.[/quote]Il problema della sperimentazione è infatti la grande nemesi dei teorici delle stringhe. Dopo decenni dai suoi primi sviluppi, la teoria delle stringhe non è stata ancora confermata da nessuna osservazione sperimentale e c’è chi sostiene che simili osservazioni potrebbero essere impossibili. La mancata scoperta, nell’acceleratore LHC, di particelle supersimmetriche, che si accordano bene con la teoria delle stringhe, pone un ulteriore limite alla validità del modello. “Non era una posizione correttamente scientifica quella di preparare la descrizione della scoperta della supersimmetria come ‘conferma’ delle stringhe”, spiega Amelino-Camelia. “La supersimmetria potrebbe tranquillamente esserci senza stringhe. Ed allo stesso tempo il fatto che non sia stata trovata la supersimmetria (tra l’altro magari solo ‘non ancora trovata’) ha implicazioni solo marginali per i motivi di interesse nelle stringhe. Ritengo tuttora probabile che le stringhe descrivano uno dei regimi fisici che compongono la parte delle leggi della fisica descritta dalla gravità quantistica. Ma non mi sembrano incoraggianti le potenzialità delle stringhe per la descrizione di alcuni aspetti particolarmente affascinanti della gravità quantistica, quale quello della struttura dello spaziotempo alla scala di Planck. E’ la mia curiosità per quegli aspetti della gravità quantistica che mi fa dedicare gran parte dei miei sforzi ad approcci diversi da quello delle stringhe”.

Le grandi domande di Amelino-Camelia

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In ogni caso, Giovanni Amelino-Camelia non è tra quelli che, per citare Douglas Adams, crede si possa trovare la risposta alla domanda sulla vita, l’universo e tutto quanto. Anche se non disdegna di partecipare alle competizioni per i finanziamenti della Fondazione Templeton, famosa per i suoi generosi contributi agli scienziati che cercano risposte alle grandi domande, o del FQXi – Foundational Questions Institute, al quale ha recentemente inviato un paper con un titolo che non lascia spazio a dubbi: “Against spacetime”, contro lo spaziotempo. Che ha appena vinto il quarto premio dell’ultima competizione di essay aperta dall’istituto. Del resto, il progetto di ricerca che nel maggio scorso gli è valso un assegno di ben 233mila dollari da parte della Fondazione Templeton si intitola “Teorie di gravità quantistica del non-tutto”. Giusto per chiarire cosa ne pensa dell’argomento. “Le teorie fisiche hanno inevitabilmente un regime di applicabilità finito. Prima o poi ci guadagniamo l’accesso sperimentale a nuovi regimi in cui quelle teorie non sono applicabili, non senza modifiche sostanziali”, spiega. “Fu così per la prima teoria relativistica, quella di Galilei, che incontrò i suoi confini di applicabilità dopo oltre 200 anni di regno incontrastato. La ancor giovane teoria relativistica di Einstein, che ha finora regnato per appena un secolo, probabilmente ha davanti ancora molti anni di regno, ma è inevitabile che incontri i suoi confini di applicabilità prima o poi. Ma come tuttora la fisica continua ad usare le leggi di Galilei, quando descrive gli angusti regimi fisici ai quali Galilei aveva accesso, anche la teoria di Einstein non sarà mai ‘sbagliata’. Continuerà a funzionare meravigliosamente nei regimi fisici a cui i fisici della stagione di Einstein avevano accesso, anche quando avremo scoperto nuovi regimi a cui non sarà applicabile”.

A spingerlo a cercare di estendere la teoria della relatività di Einstein sono alcuni suoi apparenti limiti: “Quando osserviamo con accuratezza le proprietà di particelle emesse da sorgenti astrofisiche o cosmologiche molto distanti, l’idealizzazione einsteniana di uno spaziotempo assolutamente continuo/fluido, in cui si propagano le particelle, potrebbe mostrarsi inadeguata”. Lo spaziotempo potrebbe non essere continuo, cioè, ma quantizzato: minuscoli granelli di spaziotempo, non maggiori della lunghezza di Planck, che insieme danno l’impressione di un continuum che invece continuo non è. “Alcuni laboratori internazionali studiano sperimentalmente le mie analisi  teoriche di possibili effetti associati. Per ora i livelli di precisione sono ancora poco incoraggianti, ma i passi in avanti fatti nell’ultimo decennio sono stati molto significativi. Se si riesce a continuare la progressione nella precisione di queste misure magari una bella sorpresa arriverà”.

La difficile sfida della fisica teorica in Italia

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Nel frattempo, dopo una lunga esperienza internazionale – alla laurea in fisica a Napoli ha fatto seguito il dottorato alla Boston University e contratti di ricerca al MIT di Boston, a Oxford e al CERN di Ginevra – Giovanni Amelino-Camelia è tornato nel 2000 inItalia. “Amo il mio paese ma non sono ingenuo”, racconta. “Sono rientrato in Italia solo quando sapevo che il pochino di reputazione internazionale che mi ero guadagnato mi avrebbe protetto da almeno una parte delle storture del sistema della ricerca universitaria italiana. Ad esempio sono nelle condizioni di attrarre finanziamenti alla mia ricerca dall’estero. Non suggerirei ad un giovane ancora alle prime armi di rientrare in Italia adesso. E chi molto giovane si sente le forze per maturare in un leader, uno scienziato che apre nuove linee di ricerca piuttosto che seguire quelle di altri, deve emigrare appena possibile. Per poi magari rientrare in Italia quando le sue proposte si affermano”. La speranza nutrita all’epoca, di un miglioramento della situazione della ricerca universitaria in Italia, è stata largamente frustrata dalla realtà dei fatti. “Oramai un decennio è passato dal mio rientro in Italia. Sono cambiati un po’ di governi, ma non è mai cambiata la noncuranza verso i problemi che condizionano l’Università dall’esterno (sottofinanziamento) e dall’interno (i frequenti casi di abuso di posizione ed i più sporadici casi di corruzione, nelle loro varie forme)”.

[quote|left]|Stiamo pericolosamente rosicchiando il ‘bonus’, il lascito di know-how scientifico, della straordinaria scuola di fisica teorica italiana di qualche decennio fa.[/quote]Ma Amelino-Camelia crede ci sia ancora spazio per un’eccellenza italiana nel suo campo: “La nostra fisica teorica ha ancora espressioni di notevole influenza internazionale. Ma stiamo pericolosamente rosicchiando il ‘bonus’, il lascito di know-how scientifico, della straordinaria scuola di fisica teorica italiana di qualche decennio fa. Le patologie da società medievale che affliggono il mondo universitario italiano cominciano ad avere conseguenze tangibili anche per la qualità scientifica complessiva, e se non ci saranno correttivi efficaci ci troveremo presto al cospetto di un declino accelerato dalla forte globalizzazione che si sta verificando nel mondo scientifico”. I colleghi con i quali lavora alle sue teorie sono quasi tutti dall’altra parte dell’oceano: al Perimeter Institute, dove i grandi cervelli di tutto il mondo lavorano ad approcci alle domande fondamentali della fisica condividendo la poca fiducia nelle stringhe, c’è anche Lee Smolin, nel cui libro L’universo senza stringhe racconta di un curioso aneddoto: un giorno, a casa di Smolin, discutendo con altri due fisici, per far tacere la babele di teorie e proposte Amelino-Camelia afferra il coltello del pane e minaccia di tagliarsi la gola. Silenzio attonito, poi le risate e la conversazione si fa più lucida.

“Un episodio molto romanzato”, ci tiene a precisare, “in realtà connesso alla mia poca pazienza con le discussioni tra fisici che finiscono per far riferimento a concetti non corrispondenti a grandezze effettivamente misurabili. E’ vero che la complessità del problema della gravità quantistica ci porta a lavorare con strutture matematiche molto complesse. Ma a maggior ragione è necessario poi confrontarsi sulla base delle predizioni per grandezze effettivamente misurabili. E quando un collega descrive come misurabile una grandezza senza aver illustrato una procedura che effettivamente possa portare alla sua misura talvolta la mia pazienza vacilla. Su questo punto fondante della scienza, ed in particolare della fisica, sono piuttosto intransigente”. Il suo temperamento ‘latino’ e’ piuttosto inusuale all’interno della comunità che si confronta con le sfide, spesso sofisticatamente logiche e matematiche, della gravità quantistica, ma probabilmente è una risorsa in più che Giovanni Amelino-Camelia può usare per sviluppare e promuovere le sue teorie.

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