Il digiuno allunga la vita?
Se pensiamo al tipo di alimentazione che potrebbe allungarci la vita, ci vengono in mente tante cose: la dieta mediterranea, preferibilmente senza eccessi di carboidrati; tanta frutta e verdura; alcuni cibi ricchi di sostanze come l’omega-3, o antiossidanti, che rallentano l’invecchiamento cellulare. Difficilmente penseremmo al digiuno totale. Eppure, sembra proprio che alternare momenti di alimentazione regolare a giorni di digiuno possa in qualche modo allungare la vita, perlomeno rallentando il decorso di malattie come il cancro. A qualcuno ora sarà venuto in mente Marco Pannella, lo storico leader dei Radicali italiani che, nonostante lunghi e frequenti scioperi della fame, appare in buona forma fisica nonostante i suoi 82 anni. Prima di alzarvi dalla sedia e andare a mettere il lucchetto al vostro frigorifero, tuttavia, vale la pena capire bene di cosa stiamo parlando: è quel che ha provato a fare la giornalista Emma Young sul New Scientist, non esitando a provare anche in prima persona gli effetti del digiuno.
Ridurre l'insulina, rallentare il cancro
Di una cosa siamo certi: digiunare permette di ridurre i livelli di un ormone chiamato IGF-1, o somatomedina C. E sappiamo che più bassi livelli di IGF-1 sono associati a un più basso rischio di cancro e a una maggiore speranza di vita. Per ridurre questo ormone di una percentuale significativa, per esempio il 70%, dovremmo però astenerci dal toccar cibo per cinque giorni. Una cosa assai difficile da fare. Si potrebbe però ottenere lo stesso risultato in modo più graduale. Secondo Luigi Fontana, docente all’Università di Palermo, non è il digiuno la soluzione, ma una dieta diversa. I vegani, per esempio, possiedono di per sé un livello di IGF-1 più basso: ciò dipende dal fatto che la loro dieta è meno ricca di proteine. E sappiamo che una dieta ricca di proteine favorisce l’insorgere del cancro, come accade in persone che passano da una dieta a basso contenuto proteico come quella giapponese a un’alimentazione iperproteica come quella americana. Piuttosto che digiunare, allora, o diventare vegani dall’oggi al domani, si potrebbe iniziare riducendo significativamente la percentuale di proteine della nostra alimentazione, cosa che suona un po’ strana, dal momento che i medici ci hanno sempre insegnato che una dieta proteica non fa mai male.
Finora gli sforzi di legare alimentazione ad aumento della speranza di vita hanno portato a una certezza legata alle calorie. Con esperimenti in laboratorio è stato possibile accertare che, dimezzando l’apporto calorico della dieta di diversi animali, la loro aspettativa di vita aumenta anche del 50%. Certo, se potessimo vivere, invece di 80, ben 120 anni, non sarebbe troppo male. Peccato che i test sui primati non hanno prodotto lo stesso risultato. È stato condotto uno studio sui macachi durato più di vent’anni, e non risulta nessun miglioramento della loro longevità. Dobbiamo quindi accettare il fatto che, nel nostro caso, questioni di natura genetica hanno un peso assai maggiore di quelle alimentari. Tuttavia, una cosa è ridurre l’apporto di calorie, un’altra è ridurre l’apporto di cibo tout court. In uno studio condotto su un gruppo di donne con un storia familiare che le pone ad alto rischio di sviluppare un cancro al seno, è stato analizzato l’effetto sulla produzione di insulina in due diversi casi: un primo gruppo ha seguito una dieta con una riduzione del 25% delle calorie rispetto all’apporto ordinario, un altro gruppo ha seguito una dieta cosiddetta “5:2”, che prevede cinque giorni di alimentazione libera a cui far seguire due giorni di digiuno quasi totale. In quest’ultimo gruppo la riduzione dei livelli di insulina nel sangue è risultata maggiore. E poiché sappiamo che un maggiore livello di insulina (come per l’IGF-1, che segue un identico comportamento) è legato a un maggior rischio di cancro, il risultato è interessante. Non solo: poiché alti tassi di insulina sono correlati allo sviluppo di alcune forme di diabete, il digiuno potrebbe portare anche a ridurre questo rischio.
Digiunare per combattere diabete e Alzheimer?
Una sperimentazione condotta sui topi di laboratorio ha dimostrato che un digiuno totale di due giorni rallenta la crescita di cinque tipi di tumori su otto. Sembra che gli effetti dannosi a livello cellulare si concentrino principalmente sulle cellule cancerose, piuttosto che su quelle normali. Succede infatti che, non appena le condizioni fisiologiche del’organismo in cui si trovano mutano, le cellule tumorali perdono aggressività, non riuscendo ad adattarsi alla nuova situazione abbastanza velocemente da mantenere il loro precedente tasso di riproduzione. Ciò ha portato ad avviare diversi trial clinici su esseri umani affetti da tumore per verificare se nel nostro caso il digiuno ha gli stessi effetti che sui topi, per i quali due giorni di totale privazione alimentare consente un raddoppio della speranza di vita data dalla presenza del tumore.
Un altro effetto significativo del digiuno potrebbe permettere di curare l’Alzheimer. È infatti dimostrato che animali privati di cibo per lungo tempo mostrano una maggiore attività cerebrale: una soluzione evolutiva, perché quando l’assenza di cibo si prolunga per troppo tempo il nostro cervello cerca di individuare soluzioni più ingegnose per procurarselo e continuare a funzionare. Una proteina legata alla produzione di nuove cellule cerebrali sembra aumentare la propria attività dal 50 al 400% in presenza di una dieta a basso contenuto calorico (600 calorie giornaliere). In topi geneticamente modificati per sviluppare sintomi simili a quelli dell’Alzheimer un digiuno a giorni alternati ha permesso di ritardare l’emergere dei primi problemi di memoria di sei mesi rispetto a un gruppo di controllo. Un ritardo equivalente, in un essere umano, a ben vent’anni. È ancora presto per fare del digiuno la panacea a tutti i mali. Saranno necessari altri studi per verificare gli effetti collaterali di un’eccessiva privazione di cibo sul nostro organismo. Ma capire quali proteine e quali ormoni vengono influenzati dal digiuno potrebbe permettere in futuro di agire direttamente su di essi, senza privarci del piacere del cibo.