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Il deserto avanza anche in Italia

Un quinto del territorio nazionale è a rischio desertificazione: il paesaggio mediterraneo ricco e fertile a cui siamo abituati sembra destinato a cambiare nel giro di pochi decenni.
A cura di Nadia Vitali
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I territori desertici ricoprono il 41% della superficie terrestre totale e in essi vivono all’incirca 2 miliardi di persone: 2 miliardi (o poco meno) di poveri, se si pensa che il 72% delle aree siccitose sono localizzate nei Paesi in via di Sviluppo. Da questi pochi dati si comprende facilmente come esista un nesso tra aridità e povertà. Una correlazione drammatica che interessa da vicino anche la nostra penisola, dal momento che l’Italia presenta un territorio a forte rischio desertificazione: questione gravissima e della quale si discute decisamente troppo poco (e si fa ancora meno)

Più deserto, più povertà

I dati più recenti parlano chiaramente: il 21% del territorio nazionale è a rischio desertificazione, il 41% di questo territorio si trova al Sud. In regioni come la Sicilia sono addirittura il 70% le aree che risultano interessate dal fenomeno, in Molise il 58%, in Puglia il 57%, in Basilicata il 55%. Non va particolarmente meglio alle altre, dal momento che per Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania i valori oscillano tra il 30 e il 50%. Non si tratta di vuoti numeri bensì di realtà inquietanti e di proiezioni alle quali potremmo assistere nel volgere di pochi decenni, con conseguenze drammatiche sulla nostra economia; si ripensi alla premessa e alla correlazione povertà – aridità.

Le future «conche di polvere» del Mediterraneo

Le previsioni per la fine del XXI secolo parlano di aumenti delle temperature comprese tra 4 e 6 gradi che interesseranno il bacino del Mediterraneo, con una significativa riduzione delle precipitazioni, in particolare di quelle estive: questo acuirà ulteriormente il problema dell’aridità, creando l’ambiente ideale affinché di molte terre un tempo ricche e fertili non resti altro che una «conca di polvere».

Un concetto, mutuato dalla lingua inglese, che riassume tutta la drammaticità di quanto potrebbe accadere: mentre, infatti, anche i più estremi deserti sono degli ecosistemi, le conche di polvere sono soltanto quel che resta della vita ormai sparita e costituiscono «un punto di non ritorno», come spiegato da Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche.

E mentre per quanto riguarda i cambiamenti climatici si può sperare di mitigare il fenomeno, trasformando radicalmente le politiche energetiche dei Paesi, la desertificazione si lega anche ad una gestione irresponsabile del territorio, profilandosi quindi come qualcosa di molto più complesso e di difficile risoluzione.

In fuga dal deserto

La siccità genera povertà: molte delle persone che oggi giungono da noi fuggono dalla guerra ma anche da territori resi ormai invivibili dalla desertificazione o – è l’ipotesi di alcuni studi recenti – da conflitti scatenatisi proprio a causa dei cambiamenti climatici che stanno rendendo più dura la competizione per le risorse. Questo significa che, in un futuro non troppo distante, le ondate migratorie potrebbero crescere in maniera esponenziale in risposta all’impoverimento del territorio: e questa volta i protagonisti di tali ondate potremmo essere proprio noi.

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