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I vegetariani inquinano davvero l’ambiente?

Secondo uno studio, se seguissimo le linee guida alimentari degli Stati Uniti e mangiassimo più frutta e verdura incrementeremmo le emissioni di gas, l’impronta idrica e l’utilizzo di energia. Ma è davvero così pericolosa la dieta vegetariana?
A cura di Zeina Ayache
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In questi giorni sta facendo molto discutere lo studio intitolato “Energy use, blue water footprint, and greenhouse gas emissions for current food consumption patterns and dietary recommendations in the US” e pubblicato su Environment Systems and Decisions che, secondo alcune letture, accuserebbe i vegetariani di essere pericolosi per l'ambiente. Sembrerebbe infatti che se si dovessero seguire le linee guida alimentari promosse dagli Stati Uniti, finiremmo per incrementare la quantità di emissioni di gas serra, provocando un importante danno al nostro Pianeta. Ma è davvero così?

Partiamo dal presupposto che lo studio in questione ha messo in paragone la quantità di calorie per chilo dei singoli alimenti, in pratica ci si chiede “Quanta energia serve per produrre 1.000 calorie di carne di mucca e quanta invece per 1.000 calorie di broccoli?” (questo ovviamente per una lunghissima lista di alimenti). Rispondendo a questa domanda, va da sé che per produrre 1.000 calorie di un simile vegetale ci voglia molto più spreco energetico rispetto a quello di cui avremmo bisogno per avere un simile apporto calorico da una fetta di manzo. Facciamo un breve calcolo…

  • Ad un chilo di carne di manzo corrispondono 2.500 kcal, che significa che ne dovremmo mangiare 400 grammi per raggiungere 1.000 kcal.
  • Ad un chilo di broccoli corrispondono 270 kcal, che significa che ne dovremmo mangiare 3,7 chili per raggiungere 1.000 kcal.

Quanti di noi riescono a mangiare 3,7 chili di broccoli? Quanti di noi si nutrono unicamente in base alle calorie senza considerare altri valori nutrizionali come i grassi, i carboidrati e le proteine? È risaputo che per una dieta equilibrata i fattori da prendere in considerazioni sono vari e non possono limitarsi all'energia degli alimenti. Senza contare che gli Stati Uniti non possono certo rappresentare un esempio di dieta da seguire visto che due terzi degli americani sono obesi.

Tornando allo studio, gli scenari proposti dagli studiosi sono tre:

  1. Cosa accadrebbe se le persone mangiassero meno? Le emissioni, l'impronta idrica e l'utilizzo di energia si ridurrebbero del 9%.
  2. Cosa accadrebbe se seguissimo le linee guida degli Stati Uniti e mangiassimo più frutta, verdura e pesce? L'utilizzo di energia incrementerebbe del 43%, l'impronta idrica del 16% e le emissioni dell'11%.
  3. Cosa accadrebbe se riducessimo le calorie, ma seguissimo le linee guida americane? L'utilizzo di energia incrementerebbe del 8%, l'impronta idrica del 10% e le emissioni del 6%.

Certo questi dati sono allarmanti visti così, ma prendono in considerazione cosa accadrebbe se, mentre incrementiamo la quantità di verdure e frutta, riducessimo anche la quantità di animali allevati e, di conseguenza, le energie e l'impronta idrica impiegata per la coltivazione dei terreni destinati a diventare mangime? Senza considerare gli sforzi necessari a smaltire le tonnellate di scarti alimentari del settore della carne.

Tra l'altro, un precedente studio, intitolatoThe potential to reduce greenhouse gas emissions in the UK through healthy and realistic dietary change” e pubblicato su Climatic Change, dimostra proprio il contrario: le emissioni di gas potrebbero diminuire del 40% se riducessimo la quantità di prodotti animali e di snack e incrementassimo invece il consumo di frutta, verdura e cereali.

Insomma, prima di dare per definitivo uno studio dovremmo analizzare i dati che prende in esame e come questi vengono elaborati per giungere ad una conclusione.

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