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I negazionisti dell’AIDS colpiscono ancora

Una rivista scientifica italiana pubblica una ricerca, rifiutata dalle riviste americane negli anni scorsi, che mette nuovamente in discussione il legame tra AIDS e virus dell’HIV.
A cura di Roberto Paura
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Alla fine sono stati gli italiani ad aprirgli le porte. Dopo essersele viste sbattute in faccia da tutte le principali riviste peer review del mondo anglosassone – quelle, per capirci, che prima di pubblicare un qualsiasi lavoro lo sottopongono anonimamente al vaglio di esperti della disciplina – ora il controverso ricercatore dell’Università di California, Berkeley, Peter Duesberg ha visto pubblicato l’esito delle sue ricerche sull’Italian Journal of Antomy and Embryology, prestigiosa pubblicazione edita dall’Università di Firenze e organo ufficiale della Società Italiana di Anatomia e Istologia. Cos’ha di particolare l’articolo a firma di Peter Duesberg e di altri otto collaboratori, tra cui due italiani? Per capirlo, basta il titolo. Tradotto, dice esplicitamente: “L’AIDS dal 1984: nessuna evidenza di una nuova epidemia virale, nemmeno in Africa”. Insomma, Duesberg e i suoi collaboratori rientrano tra i discussi negazionisti del rapporto tra la sindrome da immunodeficienza acquisita – più nota come AIDS – e il virus dell’HIV. Un rapporto che la scienza ha confermato da anni e che alcuni ricercatori negano recisamente, con gravi conseguenze nella lotta quotidiana contro l’epidemia.

La tesi di Duesberg

“ L'HIV non è il virus-killer dell'AIDS. ”
Peter Duesberg
Perché il virus dell’HIV provocherebbe epidemie di AIDS in Africa ma non in altri continenti? È la domanda provocatoria che pongono i ricercatori negazionisti autori della controversa pubblicazione. “A partire dalla scoperta di un presunto virus dell’AIDS nel 1984 e di milioni di casi asintomatici negli anni successivi, nessuna epidemia generale di AIDS è avvenuta fino a oggi”, scrivono Duesberg e colleghi. “Nel 2008, tuttavia, è stato sostenuto che tra il 2000 e il 2005 il nuovo virus dell’AIDS, ora chiamato HIV, abbia ucciso 1,8 milioni di sudafricani a un tasso costante di 300.000 all’anno, e che i farmaci anti-HIV avrebbero potuto salvare 330.000 di loro”. In seguito alle ricerche effettuate, sostengono gli studiosi, “abbiamo scoperto che il Sudafrica ha attribuito solo circa 10.000 decessi per anno all’HIV tra il 2000 e il 2005 e che la popolazione sudafricana è aumentata di 3 milioni di persone nello stesso arco di tempo a un tasso medio di 500.000 per anno”.

Cosa c’entra l’aumento della popolazione? Il fatto che la popolazione sudafricana (così come quella dell’Uganda e di altri paesi africani) sia quasi raddoppiata dal 1980 a oggi, nonostante un tasso di sieropositivi – ossia portatori del virus HIV – molto alto, dimostrerebbe “che l’HIV non è un nuovo virus-killer”. La conclusione è ancora più scioccante: “Sulla base di uno studio sulla nota tossicità dei farmaci antiretrovirali, vorremmo richiamare l’attenzione degli scienziati che lavorano nei settori della medicina di base e clinica, inclusi gli embriologi, sulla necessità di ripensare il rapporto rischi-benefici dei farmaci antiretrovirali per le donne incinte, i neonati e tutti gli altri portatori di anticorpi contro l’HIV”.

Le critiche della comunità scientifica

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La pubblicazione ha scatenato un putiferio nella comunità scientifica internazionale. Peter Duesberg non è infatti un nome nuovo: a Berkeley, la sua università, dove è docente di citologia e biologia molecolare, è al centro di un’indagine disciplinare. In seguito alla prima pubblicazione del suo paper sulla rivista Medical Hypotheses – una rivista non di peer review, a differenza di quella italiana – a Berkeley erano giunte due lettere di biasimo, tali da convincere l’università ad aprire un’indagine sulla pubblicazione: Duesberg sarebbe sospettato di aver falsificato i dati della sua ricerca. Le lettere sono state inviate da due riviste a cui lo scienziato aveva in prima battuta inviato il suo paper per un vaglio critico: ma sia il Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes (tra i più importanti al mondo dedicati esclusivamente agli studi sull’AIDS) sia la celebre Nature, avevano rigettato la conclusione della ricerca avvertendo esplicitamente l’autore sulle conseguenze che avrebbe potuto provocare la decisione di insistere sul tentativo di pubblicazione.

Da quando, negli anni ’80, ha iniziato a lavorare sull’AIDS, Peter Duesberg ha rigettato l’ipotesi oggi confermata riguardo il ruolo-chiave del virus HIV nel provocare la malattia. A suo dire, l’HIV sarebbe solo un passenger virus, come viene definito un virus individuato in alcuni particolari pazienti – come i malati di tumori – ma non collegato alla malattia principale. L’AIDS sarebbe causato da tossine ambientali o addirittura dagli stessi farmaci antiretrovirali usati per combattere la sindrome. E non è un caso che tra i sostenitori delle ricerche di Duesberg vi fosse l’ex presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki, noto negazionista del ruolo dell’HIV. Mbeki, biasimato dalla comunità internazionale per aver ignorato a lungo l’epidemia di AIDS che flagella il paese (il suo ministro della sanità suggeriva di curare la malattia con l’aglio), nominò proprio Duesberg a capo di un panel di studiosi dell’AIDS. Le conclusioni, che ignoravano il dato allarmante di una popolazione affetta per oltre il 25% dal virus dell’HIV, avrebbero provocato, secondo alcune stime, circa 330.000 morti proprio per la mancata somministrazione dei farmaci antiretrovirali.

La controversia AIDS/HIV continua

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Accettando i dati palesemente falsi del governo Mbeki – che vorrebbe solo 10.000 morti causati dall’infezione di HIV – i ricercatori negazionisti si sono fatti così complici di un potere che ha giocato sulla pelle dei cittadini per interessi politici, legati alla lotta contro i farmaci occidentali. Non a caso l’attuale presidente sudafricano Jacob Zuma, che pure ha a lungo ignorato l’epidemia (fece scalpore la sua dichiarazione resa in tribunale durante un processo in cui era accusato di stupro, nella quale affermò che una doccia dopo il rapporto sessuale non protetto basterebbe a mettersi al riparo dall’infezione), abbia rigettato le conclusioni di quel panel e stia ora investendo massicciamente nei farmaci antiretrovirali e nella prevenzione. Ma c’è anche l’accusa di conflitto di interessi pendente sul professore di Berkeley. Uno dei coautori della pubblicazione, David Rasnick, è stato a lungo sul libro paga di Matthias Rath, fabbricante di presunte pillole miracolose – semplici vitamine – spacciate come rimedio per l’AIDS.

Anche i due coautori italiani della pubblicazione sono figure molto discusse nel loro ambiente. Daniele Mandrioli, laureatosi in medicina a Bologna con una tesi negazionista sul rapporto HIV-AIDS, sta svolgendo attualmente un post-dottorato nel gruppo di ricerca di Duesberg a Berkeley, e ha pubblicato per la Macro Edizioni (casa editrice nota per i libri su teorie del complotto e New Age) l’ebook AID$, nel quale sostiene l’esistenza di un complotto dei poteri forti del capitalismo mondiale per foraggiare la sindrome di AIDS e vendere i farmaci antiretrovirali. Marco Ruggiero, ordinario di biologia molecolare proprio all’Università di Firenze, sostiene le sue controverse opinioni in numerose conferenze ed è stato relatore di diverse tesi negazioniste sull’HIV.

Presentato alla rivista italiana per la pubblicazione, il paper è stato esaminato da due esperti, uno dei quali, Paolo Romagnoli, direttore responsabile della rivista e professore ordinario di istologia all’Università di Firenze, ha dichiarato di aver accettato di pubblicare la ricerca perché il rifiuto da parte delle altre riviste non sarebbe stato a suo dire giustificato da dati falsificati o errati ma dalle opinioni controverse sulle conclusioni della ricerca. “Conclusioni meramente speculative non sono una ragione valida per rifiutare una ricerca se le conclusioni sono correlate con i dati presentati”, sostiene Romagnoli. Per Peter Duesberg, la pubblicazione sulla rivista italiana rappresenta “una nuova vittoria nella nostra lunga ricerca di una teoria scientifica dell’AIDS".

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