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Ecco come leggere i papiri di Ercolano (senza srotolarli e danneggiarli)

Un’analisi non invasiva dei rotoli carbonizzati provenienti dalla villa dei papiri è finalmente possibile: lo studio del CNR di Napoli.
A cura di Nadia Vitali
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Dipinto del XVIII secolo raffigurante l'eruzione del Vesuvio
Dipinto del XVIII secolo raffigurante l'eruzione del Vesuvio

Un tesoro unico al mondo, la cui conservazione è frutto delle straordinarie circostanze determinatesi in seguito all'eruzione del Vesuvio del 79 d. C.: i papiri di Ercolano continuano ad essere oggetto di interesse scientifico per gli studiosi italiani e di tutto il mondo. In quei rotoli carbonizzati, infatti, è custodito un patrimonio di sapere di inestimabile ricchezza, la cui conoscenza, tuttavia, è stata sempre piuttosto difficoltosa: lavorare su un materiale tanto delicato senza danneggiarlo, infatti, risulta complesso.

Il lavoro del Cnr

Uno studio recente, però, sembra aprire a nuove prospettive per la lettura dei papiri: un team italo-francese guidato da Vito Mocella dell’Istituto per la microelettronica e micro-sistemi del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Imm-Cnr) e comprendente ricercatori del Cnrs francese e del Sincrotrone europeo di Grenoble (Esrf), ha sfruttato una tecnica di imaging non invasiva con luce di sincrotrone per leggere il contenuto di un rotolo senza minacciarne in alcun modo l'integrità. Il lavoro, che è stato svolto nei laboratori francesi, è riuscito talmente bene che i dati raccolti hanno consentito un'analisi della scrittura tale da permettere di formulare un'ipotesi sull'autore dell'opera analizzata. Grazie all'individuazione di alcune parole nel testo in greco, i ricercatori suppongono di trovarsi dinanzi ad uno scritto di Filodemo di Gadara, la cui produzione è strettamente legata alla cittadina campana distrutta dal Vesuvio.

La biblioteca di Ercolano

La villa dei Papiri apparteneva a Lucio Calpurnio Pisone: politico e suocero di Giulio Cesare, fu protettore di Filodemo, filosofo greco che giunse in Campania portando con sé l'insegnamento dell'epicureismo. Molte delle sue opere sono state custodite dalla polvere del tempo che si è depositata sulla villa e su Ercolano: adesso, grazie al lavoro dei ricercatori, possiamo sperare che le decine di rotoli ancora sigillati e conservati presso l'Officina dei papiri della Biblioteca Nazionale di Napoli potranno essere esaminate. E forse, un giorno, riusciremo a leggere anche i papiri della sezione latina della biblioteca, che secondo l'opinione di molti studiosi sarebbe collocata ad un livello sottostante rispetto a quello venuto alla luce e quindi ancora tutta da scoprire.

La biblioteca di Ercolano costituisce un patrimonio dal valore inestimabile poiché rappresenta la sola biblioteca dell'antichità che sia giunta integra fino a noi: i testi che la compongono sono per la stragrande maggioranza sconosciuti, poiché non ci furono trasmessi dalla tradizione medievale.

Analizzare senza danneggiare

Quando, circa 260 anni fa, fu individuata la villa dei Papiri assieme alla sua biblioteca, non si poteva ricorrere ad altra tecnica che allo srotolamento meccanico: l'abate Antonio Piaggio aveva realizzato una sorta di telaio per consentire questa operazione la quale, tuttavia, comportava rischi immensi di perdita del materiale e, talvolta, ha causato effettivamente grossi danni.

Telaio per lo srotolamento dei papiri
Telaio per lo srotolamento dei papiri

Come ha spiegato Mocella, quindi, i tentativi di ricorrere a metodi non invasivi fino ad oggi si erano rivelati vani. Oltretutto, poiché nell'antichità si scriveva con dei carboncini ottenuti con il nerofumo, che ha una densità uguale a quella del papiro carbonizzato, i classici raggi X non sono sufficienti a rilevare il contrasto tra il supporto e il materiale scrittorio dei rotoli. «La tecnica di tomografia a contrasto di fase mediante luce di sincrotrone, invece, permette di individuare e amplificare la differenza fra papiro e "inchiostro", che non penetra del tutto nelle fibre vegetali formando un leggero spessore sul foglio, dell’ordine del centinaio di microns». Lo studio è stato reso noto attraverso un articolo pubblicato da Nature Communications.

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