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Dai Lupercali a San Valentino: l’amore al tempo degli antichi romani

Anche in epoca precristiana si celebrava l’amore nei giorni intorno al 14 febbraio, anche se in maniere molto diverse da quelle attuali.
A cura di Nadia Vitali
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dai lupercali a san valentino

Come spesso è accaduto nella storia, antichi rituali le cui radici affondano senza ombra di dubbio nelle più antiche pieghe della paganità precristiana hanno attraversato più o meno indenni i secoli giungendo fino alla contemporaneità con la veste rinnovata di feste che commemorano qualche evento religioso cristiano, "arricchite" (o imbarbarite, probabilmente) dal peso leggero del consumismo: San Valentino, "la festa degli innamorati", viene considerato da alcuni studiosi un perfetto (e non isolato) esempio di tale processo. Perché, molti secoli prima che un vescovo di Terni venisse consacrato dalla tradizione popolare a protettore di fidanzati e sposi, già nella Roma pre-repubblicana tra il 13 ed l 15 febbraio avevano luogo riti indissolubilmente legati al concerto di fertilità e, quindi, di amore.

I Lupercalia (o Lupercali, in italiano) hanno origini remotissime ed avvolte nel mistero, in merito alle quali non esisteva uniformità di opinioni neanche tra gli scrittori dell'antichità; generalmente posti in relazione con i rituali di purificazione del mese di febbraio, secondo alcuni ricordavano l'episodio mitico della lupa che allattò Romolo e Remo e venivano celebrati, per questa ragione, nella grotta detta Lupercale, sul colle Palatino, dove i due gemelli sarebbero cresciuti, allevati dalle cure del leggendario animale; in molti concordano sul fatto che la festa discendeva da antichi rituali ascrivibili alle prime civiltà agrarie il cui scopo era tenere lontani i lupi (che nel periodo freddo si avvicinano pericolosamente ai centri abitati) dalle greggi. Al di là di ciò, l'elemento che accompagnava i Lupercalia era l'irruzione del "caos originario", proveniente dalle selve e da qualunque luogo in cui le leggi della natura dominano ancora su quelle della comunità civile, tra gli uomini. Un sovvertimento delle regole a cui doveva far seguito un ritorno ad un ordine migliore.

In occasione di quei giorni che cadevano con l'approssimarsi delle idi di febbraio, i giovani sacerdoti chiamati Luperci sacrificavano prima delle capre (e forse un cane) nel Lupercale, dopodiché, nudi e vestiti soltanto di alcune striscioline ricavate dalla pelle dell'animale immolato attorno alle anche, davano inizio ad una corsa attorno al Palatino: armati di "fruste" anch'esse in pelle di capra, sferzavano al contempo il suolo per favorirne la fertilità ma anche le persone che incontravano lungo il proprio percorso; in particolar modo le donne che offrivano, ridendo, il proprio ventre con piacere per propiziarne la fecondità. La sfrenatezza, l'amore tra giovani, la sessualità erano i temi dominanti di questa festa che univa al concetto di ricchezza della terra quello di prolificità dell'utero umano, un invito a "seminare" per preparare i tempi nascenti della nuova stagione che sarebbe stata portata dal mese di marzo.

I Lupercalia sopravvissero a lungo al declino della civiltà romana e furono tra le ultime festività ad essere abolite: molti tra gli abitanti di Roma, inclusi coloro i quali si professavano cristiani, partecipavano ai rituali che si svolgevano attorno al colle Palatino che, assai probabilmente, ormai privati del retroterra mitologico presentavano ormai caratteri quasi esclusivamente folklorici. Nel 495 Papa Gelasio proibì la partecipazione dei cristiani ai Lupercalia, anche se si ignora se fu egli stesso a procedere con l'abolizione; gli aspetti legati alla purificazione sopravvissero nella festa cristiana della Candelora (che ricorre il 2 di febbraio). Secondo alcuni studiosi, inoltre, la figura di San Valentino, morto il 14 febbraio del 273, avrebbe assunto su di sé le caratteristiche legate alla fertilità della festa dei Lupercalia: egli è infatti ricordato come protettore del matrimonio e, quindi, dell'unione che, per esser accettata dalla Chiesa, deve essere feconda. Una delle tradizioni relative al vescovo di Terni vuole che fu lui a sposare due giovani la cui unione era ostacolata dai genitori di entrambi poiché lei era cristiana e lui un centurione romano. Uniti nel sacro vincolo sul letto di morte di lei, che si scoprì malata, finirono assieme portando il loro amore eterno nella tomba.

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