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Come salvare le mummie cilene dal cambiamento climatico?

Sono le mummie più antiche dell’umanità. Alcune di esse superano in vecchiaia quelle egizie di due millenni. Ma oggi sono in pericolo.
A cura di Nadia Vitali
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Una delle mummie Chinchorro più "recenti" (foto di Pablo Trincado via wikipedia)
Una delle mummie Chinchorro più "recenti" (foto di Pablo Trincado via wikipedia)

Circa due millenni prima che gli antichi egiziani iniziassero ad mummificare i propri cari estinti, un gruppo di cacciatori-raccoglitori abitanti delle regioni corrispondenti oggi a Cile e Perù aveva elaborato complicate tecniche per la conservazioni dei corpi e sfruttava queste conoscenze non soltanto per i personaggi appartenenti alle élite locali ma per tutti membri della comunità: uomini, donne, bambini e persino feti. Grazie al radiocarbonio, infatti, da tempo gli studiosi hanno potuto stabilire che l’età delle più antiche mummie Chinchorro si aggira attorno al 5050 a. C. Si tratta della più remota testimonianza di mummificazione ad opera umana (ovverosia non ottenuta casualmente grazie a particolari condizioni ambientali che hanno consentito ad un corpo di mantenersi intatto). Ma dopo essersi preservate perfettamente per millenni, nell'ultimo decennio le mummie Chinchorro stanno andando incontro ad un rapido degrado: così, gli esperti di conservazione cileni si sono rivolti ai colleghi dell’università di Hardvard per chiarire il mistero e, naturalmente, cercare un rimedio contro questa minaccia.

Microrganismi all'attacco

Quasi 120 delle mummie appartenenti alla cultura Chinchorro sono custodite nel museo archeologico della University of Tarapacá, nella città cilena di Arica: proprio in questi reperti sono stati osservati i più gravi segnali di declino che, in alcuni casi, hanno portato alcuni esemplari a ridursi in un liquido nero. Cosa sta mangiando così rapidamente questo prezioso tesoro rimasto inviolato per 7.000 anni? Ralph Mitchell, uno dei massimi esperti in nord America ed Europa del settore, ha coordinato i lavori svolti sui campioni inviati al laboratorio di Harvard. Attraverso rilievi e colture, i ricercatori hanno appurato che i microrganismi responsabili dell’attacco alle mummie si sono ritrovati negli ultimi anni avvantaggiati dall’incremento della percentuale di umidità nell’aria. È noto, in effetti, come tutti gli istituti deputati alla conservazione, dai musei alle biblioteche, debbano rispettare dei precisi parametri igro-termometrici per impedire il degrado di quanto è custodito; adesso i risultati dei ricercatori statunitensi serviranno a stabilire quali sono quelli ottimali per le mummie Chinchorro.

Centinaia di mummie (da scoprire) in pericolo

Il problema, però, sembra essere assai più ampio. Nell'ultimo decennio, infatti, il clima sarebbe cambiato nella stessa città cilena: quindi modificare le condizioni all'interno del museo potrebbe non essere sufficiente. Secondo la professoressa Marcela Sepulveda, archeologa presso l’ateneo cileno, ci sarebbero ancora centinaia di mummie Chinchorro seppellite poco sotto la superficie sabbiosa delle valli della regione. Talvolta qualcuna torna alla luce durante lavori pubblici. Se l’innalzamento dei livelli di umidità nella zona è un problema generale i danni potrebbero essere estesi anche a reperti non ancora scoperti. Il processo di degradazione è relativamente controllato nel museo ma, purtroppo, andrà incontro a peggioramento nell'ambiente naturale: il che è paradossale, se si pensa che per millenni nulla ha potuto intaccare l’integrità delle mummie Chinchorro.

Come avveniva il processo di mummificazione

«Preparare le mummie era un processo complicato che prendeva parecchio tempo e che prevedeva una impressionante quantità di competenze» ha osservato la dottoressa Sepulveda, nello spiegare in che modo avessero luogo le operazioni di mummificazione. In primo luogo veniva estratto il cervello assieme a tutti gli organi, dopodiché si procedeva al riempimento del corpo e della cavità cranica con fibre vegetali, paglia o cenere; alcune canne veniva utilizzate per riattaccare la calotta cranica, attraverso la mandibola, al resto del corpo. Anche la pelle era “ritoccata”, talvolta con inserti di derma provenienti da leoni marini o da altri animali. Infine il tutto era ricoperto con un impasto le cui differenti colorazioni marcano i diversi periodi susseguitisi nell'arco della storia di 3.000 anni della cultura Chinchorro : nero a causa del manganese presente nel materiale utilizzato per gli esemplari più antichi, rosso dall’ocra delle mummie di età successiva e marrone dal fango utilizzato per i reperti più "recenti".

[In apertura: immagine di Pablo Trincado via Wikipedia]

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