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Cinque bufale sul vino rosso a cui crediamo troppo spesso

E’ vero che il vino rosso fa buon sangue? Non proprio. Ed oltre ai luoghi comuni la fantasia corre in Rete anche fraintendendo studi scientifici. Scopriamo perché.
A cura di Juanne Pili
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vino rosso

Sono tante le leggende che girano, ormai anche in Rete, riguardo a presunte caratteristiche salutari del vino, specialmente quello rosso, abbiamo raccolto le cinque più diffuse, senza voler condannare questa bevanda a tutti i costi:

  1. Fenoli e tabacco;
  2. Il potere del rasveratrolo;
  3. Un bicchiere di vino vale un'ora di palestra;
  4. In quantità modiche fa bene;
  5. Fa bene al cuore.

1. Fenoli e tabacco

Bere un bicchiere di vino rosso prima di accendere una sigaretta annullerebbe gli effetti cancerogeni di quest'ultima. Il discorso ruota attorno ai fenoli contenuti nella bevanda, i quali inducono la produzione di ossido nitrico, questo dovrebbe previene il danno vascolare. In realtà non si fa altro che fraintendere uno studio pubblicato sull'American journal of medicine.

Analisi della ricerca. Abbiamo fatto analizzare lo studio da Gaetano Pezzicoli, esperto di biomedicina di EduTube Italia:

In realtà non è proprio così, l'ossido nitrico è un vasodilatatore, quindi diciamo che bilancia l'arteriosclerosi che il fumo causa, ma alcol e fumo non fanno solo danni vascolari, insieme causano un aumento vertiginoso dei tumori di blocca, laringe e faringe … Quanto alcol dovresti bere se fumi 20 sigarette al giorno? Direi abbastanza da farti una bella cirrosi nel giro di 20 anni.

2. Il potere del resveratrolo

Questa sostanza ricade spesso negli articoli sensazionalisti, contribuendo non poco a fraintendere gli studi scientifici in merito alle proprietà del vino:

E’ consigliato il consumo di circa 200-400 mg al giorno. 225 ml di vino rosso contiene circa 640 mg di resveratrolo.

Ingrediente fisso nelle "diete alternative". Come spiegavamo in un articolo sulle bufale alimentari tutto ruota attorno al cosiddetto “paradosso francese”. In Francia infatti si registrerebbe un numero relativamente basso di malattie cardiovascolari; grazie al potere dei luoghi comuni qualcuno ha ritenuto quindi che il vino c'entrasse qualcosa, in particolare il resveratrolo. Tutto parte al solito dal fraintendimento di uno studio della Johns Hopkins University del 2014. Sul sito della Fondazione Veronesi trovate un esaustivo articolo chiarificatore.

3. Un bicchiere di vino vale un'ora di palestra

Jason Dyck dell'Università dell'Alberta avrebbe scoperto in uno studio che un bicchiere di vino equivale a un'ora di palestra. Peccato che sia lo stesso autore a non essersene accorto. Tanto più che dovette correggere gli errori della stampa in un'intervista rilasciata alla Cbc.

Il complotto della cirrosi. Il tutto si spiega col fraintendimento di una sua frase. Riguarda ancora il resveratrolo. Teoricamente sarebbe anche possibile – come spiega Dyck – solo che si dovrebbero bere dalle cento alle mille bottiglie al giorno, con buona pace per la cirrosi epatica e l'alcolismo.

4. Preso in quantità modiche fa bene

Sulla leggenda delle quantità modiche di vino che farebbero bene è stato scritto anche un libro di Enrico Baraldi e Alessandro Sbarbada, è come se, per una strana dote omeopatica, il consumo moderato di vino, oltre a scoraggiare gli effetti negativi di un consumo smodato, diventasse magicamente curativo.

Il mantra dell'antiossidante. Tanto più che si insinuano benefici a livello cardiovascolare, digestivo e nel sistema nervoso. Oltre alla solita "sostanza magica" già citata, giocherebbero un ruolo anche i sempre verdi poteri antiossidanti.

5. Fa bene al cuore

Uno studio americano svoltosi nella regione del Chianti, in Toscana, avrebbe dimostrato che bere vino rosso fa bene al cuore e non darebbe problemi cardiocircolatori. Questo confermerebbe il tetto "vino rosso fa buon sangue". Purtroppo è ancora difficile far valere un altro detto, che almeno è stato dimostrato scientificamente ed è anche alla base della chimica: "è la dose che fa il veleno".

Non esistono dati rilevanti. La ricerca – durata circa nove anni – non ha prodotto alcuna rilevanza statistica sulle persone prese in esame. Lo potete constatare nero su bianco nell'articolo pubblicato su Jama internal medicine.

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