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Ciascuno è circondato dalla propria nuvola di batteri

L’aria che ci circonda varia da individuo a individuo: e a fare la differenza è la nuvola microbica che ciascuno porta con sé.
A cura di Nadia Vitali
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Non è un segreto il fatto che un esercito di batteri conviva con il nostro corpo, sia all'esterno sia al suo interno; una dura realtà da accettare per i maniaci dell’igiene ma tant'è, dato che dalla bocca all'apparato digerente, dalla pelle alle ciglia, è tutto un proliferare. Questa popolazione, che in molti casi è innocua mentre in altri è indispensabile affinché l’organismo svolga alcune delle sue funzioni fondamentali, crea attorno a noi una nuvola microbica unica per ciascuno tale che, secondo alcuni scienziati, potrebbe essere utilizzata per identificarci.

Uno studio guidato dai ricercatori dell’università dell’Oregon ha dimostrato per la prima volta che il microbioma di ognuno fa in modo che la composizione dell’aria che ci circonda vari da persona a persona, facendo della nuvola di microrganismi individuale una sorta di impronta digitale.

Come hanno fatto ad appurarlo? Chiedendo ad alcuni volontari di accomodarsi, da soli, in una camera sterilizzata, indossando abiti nuovi e simili per ciascuno in modo che le emissioni provenienti dai vestiti fossero identiche per tutti; seduti su una sedia e usando un pc, entrambi disinfettati, per comunicare con i ricercatori fuori, i volontari sono rimasti dentro per sessioni dalla diversa durata. L’aria delle stanze veniva poi filtrata e il genoma dei diversi microbi, involontariamente “rilasciati”, è stato sequenziato.

I batteri più comuni sono risultati essere lo Streptococcus della bocca e Corynebacterium e Propionibacterium della pelle. Ma quello che ha sorpreso i ricercatori è stato il fatto di essere riusciti, successivamente, ad identificare gli occupanti delle stanze attraverso l’analisi della nuvola microbica. Questo perché, benché la popolazione resti a grandi linee analoga per ciascuno (naturalmente con grosse differenze tra uomo e donna) a cambiare sono i numeri.

I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati dalla rivista PeerJ e, secondo gli autori, potrebbero addirittura trovare applicazione in ambito forense, magari per identificare persone sulla “scena del crimine” in assenza di altre tracce (impronte o DNA). Certo, una nuvola di batteri non è esattamente immobile e di batteri con cui mescolarsi, in un ambiente che non sia una camera sterile, ce ne sono a milioni: ma magari, in futuro, questa scoperta potrebbe essere fonte di ispirazione.

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