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Chi era l’antenato dell’Homo floresiensis?

Nuovi studi forniscono interessanti indizi per rispondere a questo quesito e cercare di capirci un po’ di più nel “mistero” dell’Hobbit indonesiano.
A cura di Nadia Vitali
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La caverna di Liang Bua, sull'isola di Flores, dove sono stati ritrovati i resti (Immagine Di Rosino via Wikipedia)
La caverna di Liang Bua, sull'isola di Flores, dove sono stati ritrovati i resti (Immagine Di Rosino via Wikipedia)

Si torna a parlare dell'Hobbit indonesiano, senza dubbio tra i nostri parenti più discussi: l'origine e il destino di questo ominide, infatti, sono ancora parzialmente avvolti dal mistero. Oggi, però, nuovi elementi si inseriscono nel dibattito, consentendo di approdare a nuove conclusioni.

Homo Sapiens o Floresiensis?

Era il 2003 quando, nella caverna di Liang Bua dell'isola indonesiana di Flores, vennero alla luce dei resti decisamente enigmatici: si trattava dello scheletro parziale di un adulto di sesso femminile sorprendentemente basso (era alto appena un metro) e con una ridotta capacità cranica, tale da far pensare addirittura ad un Homo affetto da microcefalia. Indagini ulteriori svoltesi negli ultimi anni hanno chiarito che quell'individuo, così come gli altri otto dei quali furono ritrovati resti più frammentari, doveva aver vissuto tra 70.000 e 50.000 anni fa ma, soprattutto, apparteneva ad una specie distinta dalla nostra.

Gli antichi antenati dell'Hobbit

Adesso un lavoro dei ricercatori della Griffith University fornisce una nuova tessera da inserire nel mosaico dell'Homo floresiensis e, più in generale, della nostra complessa famiglia: come riportato da Nature, infatti, nuovi reperti rinvenuti nel 2014 presso il sito di Mata Menge, 70 chilometri ad est da Liang Bua, apparterrebbero alla stessa specie ma avrebbero un'età superiore di circa dieci volte. Si tratta di del frammento di una mandibola e di diversi denti appartenenti ad almeno tre individui, due dei quali bambini, vissuti circa 700.000 anni fa, come spiegato da un secondo articolo che ha analizzato l'ambiente e gli oggetti rinvenuti nel sito.

La somiglianza tra i reperti di Mata Menge e quelli di Linag Bua, in termini di forma e dimensioni, ha sorpreso gli scienziati, considerando la distanza temporale che separa questi individui. Questo, secondo i ricercatori, segnala senza dubbio la presenza di un legame diretto tra essi: gli ominidi di Mata Menge, simili a degli antichi Hobbit, diedero origine all'Homo floresiensis, il quale visse sull'isola fino a quando la competizione per le risorse con una nuova specie, quella dell'Homo Sapiens, non lo schiacciò e condannò alla fine.

Il Dottor Adam Brumm del centro per l'evoluzione umana della Griffith University nei pressi di Mata Menge.
Il Dottor Adam Brumm del centro per l'evoluzione umana della Griffith University nei pressi di Mata Menge.

Homo erectus o Habilis?

Ma quale sarebbe l'origine di questa creatura? La sua anatomia distintiva, in effetti, porta a due intriganti ipotesi.

La prima è che l'Hobbit indonesiano discenda dall'Homo erectus asiatico, o uomo di Giava, un primitivo ominide che raggiunse l'isola di Giava circa un milione e mezzo di anni fa e che mostra alcune similitudini, in termini di altezza, con gli uomini moderni. Un piccolo manipolo di questi ominidi, spostandosi verso la non lontana isola di Flores e restando lì isolato a lungo, nel corso del tempo vide ridotte le proprie dimensioni corporee e cerebrali. Se così fosse ci troveremmo davanti al primo esempio di nanismo insulare riguardante un ominide; per nanismo insulare si intende il processo che, in assenza di predatori e con limitate risorse, causa la riduzione delle dimensioni corporee di un grosso animale, generalmente un mammifero.

La seconda possibilità è che l'uomo di Flores discenda da ominidi ben più arcaici, come l'Homo habilis o, addirittura, da australopitecine: ipotesi affascinante ma suggerita con molta cautela dato che, ad oggi, resti di questi ominidi molto vicini alle scimmie sono stati rinvenuti esclusivamente in Africa.

L'unica cosa certa per i ricercatori – ed è già tanto – è che non ci troviamo di fronte ad un Sapiens microcefalo.

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