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Cellule dendritiche e immunoterapia: il Nobel per la Medicina va a tre scienziati

Il Premio Nobel per la Medicina viene assegnato a Steinman, Hoffman e Beutler, tre scienziati che hanno studiato il sistema immunitario e il suo funzionamento, rivoluzionando il paradigma medico, attualmente in vigore nella comunità scientifica mondiale, con una grandissima scoperta che permetterà di prevenire, ma anche curare, patologie gravi come il cancro.
A cura di Daniela Caruso
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Studi sul sistema immunitario che cambiano la vita dei malati di cancro

Una scoperta che non ha precedenti, uno studio che cambierà la vita di tante persone e che farà fare passi da gigante alla medicina e alla ricerca scientifica. Parliamo del Premio Nobel per la Medicina attribuito a tre scienziati che hanno studiato per anni il sistema immunitario umano. Una scoperta frutto di anni di ricerca e che oggi viene premiata con un grandissimo nobel assegnato allo statunitense Beutler, al lussemburghese Hoffman e al canadese Steinman: per loro è arrivato un riconoscimento di 10 milioni di corone svedesi. I tre scienziati si sono concentrati sullo studio del funzionamento del sistema immunitario, rispetto alle patologie infiammatorie alle quali il corpo è umano è soggetto e le modalità di risposta che vengono messe in pratica dagli anticorpi per debellarle.

Come ha comunicato il Karolinska Institutet di Scoccolma, che ha elargito il premio, tale contributo alla scienza mondiale ha rivoluzionato “la nostra comprensione del sistema immunitario, scoprendo i principi chiave per la sua attivazione”. Hoffman e Beutler si sono focalizzati sullo studio delle proteine dei ricettori che attivano l’immunità innata, che sarebbe la prima risposta che l’organismo dà agli attacchi patologici, mentre Steinman ha osservato le cosiddette “cellule dendritiche”, presenti nella seconda fase di difesa dell’organismo, attraverso cui il nostro corpo elimina i microrganismi presenti in esso. Come ha sottolineato Piergiuseppe De Berardinis, dell’istituto di Biochimica delle proteine del Cnr di Napoli, “Le scoperte sulle cellule dendritiche sono fondamentali per gli studi sull'immunoterapia dei tumori e nelle terapie farmacologiche sperimentali per la cura del cancro, in quanto definiscono i meccanismi di risposta immediata e a lungo termine del sistema immunitario nei confronti degli agenti patogeni”.

Già dal 1996, Hoffman si era prefisso di studiare il modo in cui reagivano i moscerini della frutta ad eventuali infezioni indotte con batteri o funghi e, di conseguenza, quali geni mutassero. I Toll mutanti morivano, poiché non riuscivano a difendersi dall’infezione. Nel contempo, Beutler incentrò la sua attività sul recettore che si collega all’involucro esterno dei batteri, detto Lps, provocando shock settico. La sperimentazione fu fatta su topi da laboratori, i quali erano resistenti all’Lps, perché, a livello genetico, avveniva una mutazione di un gene che aveva molti punti in comune con il Toll dei moscerini della frutta. Tale recettore è stato l’elemento fondante di questa grandissima rivoluzione scientifica e medica e che comporta anche un cambiamento di rotta per quel che concerne il paradigma medico: fino a una quindicina di anni fa, si pensava, infatti, che le nostre difese naturali fossero tutte concentrate nell’immunità adattiva, mentre oggi si scopre che è proprio nell’immunità innata che risiede l’attivazione delle difese immunitarie.

Grazie a questi tre immunologi si potranno attuare nuove tipologie di vaccini, che non hanno più solamente la funzione di prevenire una malattia, ma anche di curarla, grazie alla loro efficacia terapeutica e andare a curare anche patologie molto gravi, come il cancro, che ogni anno fa 10 milioni di vittime in tutto il mondo. Ironia della sorte, Steinman è morto il 30 settembre scorso proprio per un carcinoma al pancreas: il ricercatore è riuscito a ritardare l'avanzamento della malattia, anche se per un breve periodo, grazie all’immunoterapia basata sulle cellule dendritiche, che lui stesso ha studiato per anni. Un riconoscimento post-mortem che di certo non toglie nulla al grandissimo contributo che lo stesso ricercatore ha dato alla comunità scientifica.

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