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Birra probiotica che fa bene all’intestino: la scoperta arriva da Singapore

La birra, ideata da una studentessa al quarto anno di università, è stata creata con una complessa procedura per permettere ai microoorganismi probiotici di sopravvivere in presenza di sostanze acide.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca dell'Università Nazionale di Singapore (NUS) ha realizzato e brevettato la prima birra con probiotici al mondo, un prodotto che, nelle intenzioni degli studiosi, oltre ad essere di gradimento agli amanti di birre artigianali, fornirà anche un prezioso contributo alla salute dell'intestino. L'idea di creare questa insolita bevanda è venuta a Chan Mei Zhi Alcine, una studentessa al quarto anno della facoltà di Scienze Alimentari e Programma Tecnologico che da anni, ogni giorno, assume probiotici attraverso i latticini.

I probiotici, veri e propri microorganismi che vivono naturalmente nel nostro intestino crasso, possono essere inseriti sia in prodotti alimentari come lo yogurt (lactobacilli, bifidobatteri) che in alcuni integratori per contrastare diarrea e simili. Per essere considerati realmente tali, tuttavia, per l'Organizzazione Mondiale della Sanità devono essere in grado di persistere e moltiplicarsi nell'intestino, fornendo inoltre un effettivo beneficio fisiologico in chi li assume. Sebbene vi siano diversi studi contrastanti sui reali effetti, in particolar modo su potenziali benefici alle funzioni del sistema immunitario, nel 2011 l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha vietato alle imprese di pubblicizzare i propri probiotici con affermazioni del tipo “aumentano le difese immunitarie”.

Nonostante ciò, i probiotici possono comunque essere utili per chi soffre di determinati disturbi intestinali, inoltre, in caso di somministrazione di antibiotici, può esserne consigliata l'assunzione per evitare possibili proliferazioni del batterio Clostridium difficile, che è patogeno. Alla luce di queste premesse, Chan Mei Zhi Alcine e colleghi hanno deciso di realizzare la birra probiotica, mettendo a punto una procedura complessa poiché gli acidi contenuti normalmente nella bevanda alcolica limitano crescita e sopravvivenza dei batteri.

Dopo nove mesi di test e partendo dal ceppo probiotico Lactobacillus paracasei L26, grazie a modifiche nei processi di fermentazione e all'utilizzo di zucchero presente nel mosto, i ricercatori sono riusciti a far quadrare i conti e a far sviluppare i microorganismi in una birra dal sapore “acido e tagliente”, con una gradazione alcolica finale del 3,5 percento. Può sembrare un controsenso legare potenziali effetti benefici a un prodotto alcolico, tenendo presenti tutti i rischi del consumo non responsabile, tuttavia il team asiatico è sicuro che una volta in commercio la birra probiotica sarà ben accolta dagli appassionati della bevanda.

[Foto di Università Nazionale di Singapore – NUS]

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