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Andromeda e il famelico buco nero

Uno studio pubblicato da Nature chiarisce l’origine dell’intensa luce osservata nella Galassia di Andromeda.
A cura di Redazione Scienze
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andromeda e il famelico buco nero

Grazie ai dati ottenuti con il satellite della NASA Swift e con il telescopio spaziale XMM-Newton dell'ESA, un gruppo internazionale di ricercatori sarebbe riuscito a "svelare il mistero" di una fonte di luce estremamente brillante che, a gennaio di quest'anno, era stata individuata dai ricercatori: un'emissione luminosissima di raggi X non presente negli archivi degli studiosi che, nelle settimane successive, aveva accresciuto sempre più il proprio splendore, raggiungendo un'intensità paragonabile a quella delle Sorgenti Ultra-luminose a raggi X.

Tale luminosità è stata per anni oggetto dei dibattiti degli studiosi, orientati principalmente su due ipotesi: da una parte, la possibilità che fosse il frutto dell'accrescimento di materiale, ad un tasso elevatissimo, di un buco nero di massa inferiore alle 10 masse solari; dall'altra l'idea di un accrescimento ad un tasso più basso ma di un buco nero di massa intermedia (tra le 100 e le 1000 masse solari). Le recenti osservazioni degli studiosi sulla Galassia di Andromeda portano a favorire il primo scenario, in cui il "buco nero stellare", evidentemente piccolo ma famelico, si sta nutrendo del suo astro compagno: l'abbagliante luminosità è dovuta alla materia che viene "divorata" a grande velocità.

Con un accrescimento che avviene in condizioni ritenute straordinariamente singolari e "al limite",  il fenomeno viene osservato dai ricercatori come banco di prova «per studiare l'accrescimento vicino al limite di Eddington, che è ben lungi dall'essere compreso» (il limite naturale della luminosità di un corpo sferico in funzione della massa) secondo quando ha spiegato all'INAF Massimo Della Valle, direttore dell'Osservatorio Astronomico di Capodimonte e tra gli autori dello studio pubblicato dalla rivista Nature. Con lui, assieme ai colleghi guidati da Matthew Middleton del Dipartimento di Fisica dell’Università di Durham, anche Marina Orio dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Padova, che ha spiegato le ragioni per cui la Galassia resta un luogo privilegiato per le osservazioni:«La relativa vicinanza di Andromeda, a soli due milioni e mezzo di anni luce di distanza, offre un'occasione unica di studiare un intero sistema di popolazioni stellari a diverse lunghezze d’onda».

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