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Alzheimer: nuove speranze grazie alle cavie super intelligenti

L’inibizione dell’enzima PDE4B ha reso super intelligenti i topi da laboratorio: quanto scoperto potrebbe portare alla realizzazione di un farmaco utile a chi è malato di Alzheimer.
A cura di Zeina Ayache
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I topi da laboratorio super intelligenti
I topi da laboratorio super intelligenti

I ricercatori dell'Università di Leeds sono riusciti a rendere più coraggiosi e intelligenti alcuni topi da laboratorio ai quali hanno inibito l'attività dell'enzima PDE4B, presente in molti organi tra i quali il cervello. Questa scoperta apre nuove strade verso la realizzazione di un farmaco capace di aiutare a migliorare le condizioni di vita delle persone affetta da malattie neurodegenerative come l'Alzheimer.

Gli scienziati, che hanno pubblicato su Nature lo studio intitolatoSpecific Inhibition of Phosphodiesterase-4B Results in Anxiolysis and Facilitates Memory Acquisition”, fanno sapere che i topi ai quali è stato inibito l'enzima PDE4B hanno mostrato capacità cognitive più sviluppate rispetto agli altri topi non modificati. “Imparavano più rapidamente, si ricordavano di alcuni avvenimenti più a lungo ed erano in grado di risolvere meglio esercizi complessi”, spiegano i ricercatori.

I super topi riuscivano a riconoscere con più facilità, rispetto ai loro simili non modificati, un topo che avevano conosciuto qualche giorno prima, così come imparavano con più rapidità come riuscire a scappare dal Labirinto acquatico di Morris, uno strumento spesso utilizzato negli esperimenti per misurare e studiare la memoria spaziale. Inoltre, l'inibizione dell'enzima li rendeva meno influenzabili dalle brutte esperienze e più coraggiosi. Questi super topi trascorrevano infatti più tempo in spazi aperti e si mostravano meno spaventati dall'odore dell'urina dei gatti, che di solito li intimoriva molto.

Quanto scoperto potrebbe portare alla realizzazione di un farmaco inibitore del PDE4B anche negli umani, questo enzima è infatti presente anche nel nostro corpo. Un rimedio simile potrebbe agevolare la vita delle persone che, proprio a causa delle malattie degenerative di cui soffrono, hanno ridotte capacità cognitive. Per il momento però i test sono stati effettuati unicamente sui topi, la strada per arrivare all'uomo è ancora lunga.

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